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Infortunio sul lavoro: due sentenze a confronto

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Interessante porre a confronto un recente intervento della Corte di Cassazione (Sezione Terza Penale 25 maggio - 6 novembre 2018, n. 50000), con una sentenza di poco precedente del Tribunale di Belluno (Sezione Penale 25/9/2017-27/12/2017 n.531); in entrambi i casi si tratta di responsabilità penale del datore di lavoro (o del suo delegato) per l’infortunio di un dipendente che aveva tenuto una condotta colpevole, avendo violato le norme cautelari volte ad evitare i rischi di infortuni. Nel primo caso l’imputato è stato condannato e nel secondo assolto.

Un confronto tra le due motivazioni risulta quindi molto utile per cogliere quali siano per i giudici gli aspetti decisivi in queste situazioni.

I fatti in estrema sintesi

Caso esaminato dalla Corte di Cassazione: il lavoratore si era procurato una grave ustione per essere entrato in contatto con un forno, rischio che sarebbe stato evitato qualora egli avesse utilizzato, per compiere il lavoro richiestogli, una passerella, così come gli era stato detto di fare.

Caso esaminato dal Tribunale di Belluno: il lavoratore era stato colpito da una benna appesa alle forche di un muletto, dopo che egli, stando in fondo alle forche medesime, aveva tirato verso di sé la leva annessa alla benna stessa, affinchè se ne aprisse il fondo e ne potesse uscire il materiale ivi contenuto. La benna lo aveva tuttavia colpito dopo essersi sfilata, a causa della trazione, dalle anzidette forche, tenute inclinate verso il basso sebbene nei corsi di utilizzo dei muletti, regolarmente frequentati dal dipendente, fosse stato insegnato che esse vanno tenute rivolte verso l’alto.

I principi operanti nei casi di questo tipo

Con costanza la giurisprudenza afferma che, perché possa essere esclusa la responsabilità del datore di lavoro, non è sufficiente che il lavoratore infortunatosi abbia violato regole che avrebbe invece dovuto rispettare; detta responsabilità può infatti essere esclusa solo quando il comportamento del lavoratore, oltre che non rispettoso delle norme cautelari, risulti abnorme, eccezionale o comunque esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile.

È evidente che tale principio sposta il fulcro delle decisioni dei giudici sulla qualificabilità delle condotte - nelle situazioni concrete - come “abnormi”, “eccezionali”, “imprevedibili”, “inopinabili”.

Le due decisioni

La Suprema Corte ha confermato la condanna del delegato del datore di lavoro alla sicurezza e igiene sul lavoro e alla prevenzione degli infortuni e incendi, rilevando che il comportamento del dipendente non poteva considerarsi eccezionale o abnorme, stanti la sua inesperienza, lo svolgimento di una prova a freddo solo parziale della lavorazione e le caratteristiche della passerella, molto pesante rispetto alla corporatura della persona offesa ed il cui posizionamento avrebbe rallentato la lavorazione.

Il Tribunale di Belluno ha invece pronunciato sentenza di assoluzione, attribuendo decisivo rilievo in particolare alla documentazione attestante che il lavoratore aveva seguito i corsi periodici sull’utilizzo dei muletti, superando anche i test di apprendimento finali.

In entrambe le vicende, quindi, non era stata prevista una specifica vigilanza sull’osservanza delle regole cautelari da parte dei dipendenti, che tuttavia avevano in precedenza ricevuto le direttive necessarie ad evitare i rischi che si sono poi concretizzati determinando gli incidenti. Nel primo caso tale circostanza non è stata ritenuta sufficiente ad escludere la responsabilità del delegato del datore di lavoro, nel secondo sì.

Il Tribunale di Belluno è giunto alla decisione dopo aver dichiarato espressamente di aderire alla tesi, affermata in più occasioni anche dalla stessa Corte di Cassazione, secondo la quale il sistema della normativa antinfortunistica si è trasformato da un modello iperprotettivo, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro, investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori, a un modello collaborativo, in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi gli stessi lavoratori, in cui l’obbligo di vigilanza non è più assoluto; pertanto il datore di lavoro che abbia fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione e abbia adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, non risponderà dell’evento derivato da una condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore (Quarta Sezione Penale n.8883 del 10/2/2016 e n.39882 del 1/10/2008).
In definitiva quindi, per il Tribunale Bellunese il grado di esperienza del dipendente e la grossolanità del suo errore, commesso nonostante sul punto fosse stato specificamente addestrato, avevano reso per l’imputato imprevedibile la violazione da parte sua delle regole cautelari.

Nella circostanza giunta all’attenzione della Suprema Corte, invece, tale imprevedibilità non è stata ravvisata, in considerazione della mancanza di esperienza del lavoratore nella specifica mansione (mai svolta prima sotto un controllo diretto) e nella presenza di ostacoli alla concreta adozione della cautela richiesta, che avrebbero dovuto far considerare che egli avrebbe potuto ometterla.

 

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Sicurezza nei luoghi di lavoro

Pubblicato in Diritto penale

La tutela della salute e della sicurezza sul lavoro è regolamentata da un insieme di norme che assegnano al datore di lavoro una serie di obblighi volti a garantire in primo luogo chi opera alle sue dipendenze; l’inadempimento di tali obblighi è fonte di gravi responsabilità che, quando si verifica un infortunio, molto spesso vengono ravvisate in capo al datore di lavoro stesso e/o a chi ne abbia assunto i relativi obblighi.

Quando si verifica un infortunio sul lavoro è quasi automatica l’apertura di un procedimento penale a carico del datore di lavoro o di chi sia stato dallo stesso ritualmente e correttamente delegato agli adempimenti in materia di sicurezza dei dipendenti; lo Studio si propone in questi casi di dimostrare, laddove ve ne siano le condizioni, che non può essere ravvisata una responsabilità dei vertici dell’ente nella causazione dell’incidente.

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